Teoria gender, ideologia gender, tra fantasmi e manipolazioni

image_printstampa articolo

di MARIA GIGLIOLA TONIOLLO <>
L’11 settembre la Commissione Cultura e Istruzione della Camera ha votato e approvato la “risoluzione Sasso“, uno strumento contro i diritti e sui corpi delle persone con il quale Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia imporrebbero l’esclusione dall’insegnamento nelle scuole di qualsiasi formula legata alla così detta o meglio così paventata “ideologia gender”, negando così dei percorsi scolastici di informazione sessuale e affettiva e di educazione al rispetto delle differenze, in ossequio a un principio integralista e reazionario con obiettivi sempre più meschini e violenti.

Questa risoluzione parlamentare si sarebbe tentati di classificarla come mero atto di volgare propaganda, plateale nel preannunciare la trista intenzione delle destre di approvare a breve altre norme contro i diritti e le libertà di gay, lesbiche e trans in Italia, come già dimostra peraltro la proposta di legge di Laura Ravetto della Lega, depositata nel maggio 2024. Ma, come mette in guardia anche Sandro Gallittu, dirigente Cgil, si tratta invece di un provvedimento da prendersi molto sul serio, interpretandolo nella sua essenza di “discorso d’odio”, caro all’estrema destra americanae diffuso dai movimenti più reazionari e più integralisti di diversi Paesi: una parola d’ordine nera, a sollecitare la rabbia e la pancia dell’elettorato più radicalizzato.

In tanti ne parlano, anche da scranni assai elevati e ne scrivono, ma la verità è che la “Teoria Gender” non esiste, così come non esiste alcuna “Ideologia Gender”: siamo ai fantasmi, a un’isteria strumentale che con definizioni false e fuorvianti vuole screditare gli studi di genere, studi di tradizioni solide e di nobili basi accademiche e storiche, al fine di proporne una versione snaturata e falsa. Gli Studi di Genere riuniscono criteri metodologici e ricerche di svariate discipline su diversi aspetti della vita umana: dall’origine dell’identità, al rapporto tra persona e contesto socio-culturale. Il Centro Sinapsi dell’Università Federico II di Napoli, definisce una volta per tutte l’identità sessuale come un costrutto multidimensionale di quattro componenti: sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale e pertanto proprio a chi opera nelle scuole spetterebbe in particolare di promuovere la non discriminazione verso le differenze ostacolando il diffondersi di bullismo omotransfobico e di fenomeni di intolleranza

Judith Butler, filosofa, scrittrice, teorica e fondatrice degli Studi di Genere, sostiene che il “gender” è diventato per la destra un’“ideologia demoniaca” contro bambini inermi, “La paura che qualcosa chiamata “gender” rubi l’identità, che sia una mistificazione, che sia una forma di colonizzazione che invada come fanno gli immigrati indesiderati, che rappresenti l’ascesa di poteri totalitari o che segni il punto estremo dell’iper-capitalismo”. Anche Sara Garbagnoli, sociologa e femminista, condivide nei suoi studi che il “Gender” è usato per fomentare paure, tanto da coinvolgere nella propria retorica temi apparentemente lontani come economia ed ecologia e che, oltre alle paventate attenzioni all’infanzia, si mistifichi il timore della cancellazione del carattere specifico dei valori maschili e femminili in una minaccia all’identità spirituale o culturale o alla sicurezza naturale.

Nata negli anni ’90 in ambienti vaticani e ripresa volentieri da certi contesti politici, il neologismo “teoria gender” si è reso strumentale a suscitare apprensioni contro affermazione di genere e orientamenti affettivi e sessuali non conformi all’eterosessualità, soprattutto ha celebrato stereotipi patriarcali dei generi maschile e femminile, mentre negli studi di genere il tema era proprio il contrario, cioè quello di riconoscere le differenze per rispettarle, promuovendo parità e convivenza inclusiva. L’apprensione verso il “gender” deriva quindi dal timore di destabilizzare una struttura sociale di ruoli di genere binari e di gerarchie patriarcali che la destra difende, un sistema etero normativo con l’eterosessualità come norma e una visione rigida di mascolinità, femminilità e ruoli. Per la destra la fluidità di genere resta una provocazione contro l’ordine sociale e familiare e gli studi di genere fanno parte di un complotto predefinito per la distruzione della famiglia e di un quanto mai ipotetico, ma fortemente auspicato, ordine naturale su cui fondare la società, ovvio che, come conseguenza, la “teoria del gender“ è largamente usata in politica come espediente per prendere posizione contro i diritti di gay, lesbiche e trans e contro il femminismo, quello vero.

Ma davvero c’è qualcuno che può pensare in buona fede che esisterebbe un progetto globale per renderci tutti “fluidi”? E dove nasce l’ossessione contro le questioni di genere e gli orientamenti sessuali non conformi? E quali sono le fratture politiche che si nascondono dietro a questi temi? Già a metà degli anni Novanta, destra populista e cattolicesimo tradizionalista avevano lanciato i primi strali, oggi l’‘ideologia gender” altro non è che un’etichetta per evocare un attacco, unitario e programmatico contro diritti e libertà.

La risoluzione votata pochi giorni fa era stata depositata a marzo, pochi giorni dopo un’esplicita richiesta di Papa Bergoglio stesso durante il convegno “Uomo-donna immagine di Dio. Per un’antropologia delle vocazioni” dei primi di marzo. Il deputato Sasso, recepita la comanda papale, aveva depositato una scarna risoluzione di poche righe, in cui si citava il convegno del Papa, le sue parole e le sue istanze. La risoluzione è pertanto niente altro che un’ordinazione papale tempestivamente recepita in commissione cultura, votata ed approvata da quei sovranisti che evidentemente non si fanno problemi ad eseguire e in fretta gli ordini della monarchia vaticana, non vergognandosi di rendere esplicita dipendenza morale, ideologica e politica nei confronti di certi poteri.

Sempre poi per non farsi mancare niente, la destra parlamentare italiana, rimarcando i propri seri e notori limiti culturali, si è recentemente scagliata anche contro un progetto europeo, il DragTivism finanziato dal piano Erasmus+, un campo estivo, rivolto a giovani tra i quattordici e i diciassette anni che prevede l’utilizzo dell’arte drag come strumento di inclusione, di educazione alla parità di genere e di attivismo sociale. Il campus si svolgerà a Girona, in Spagna, portando i partecipanti a scoprire il significato, la storia e l’evoluzione delle drag queen, un viaggio assai affascinante di cultura, di arte, di lotta e di identità. Questa forma d’arte, spesso malintesa e sottostimata, ha radici profonde e un’influenza importante sulla società moderna, mondi interi da esplorare, oltre a nuove terminologie e alla sua evoluzione da pratica teatrale a particolare e acclamata forma di intrattenimento.



Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *