di RAFFAELLO MORELLI <>
Il mondo laico è fisiologicamente legato alla libertà individuale che usa lo spirito critico. Pertanto non può restare indifferente ad una grave conseguenza del non esserci un disegno politico alternativo al Governo Meloni. L’opposizione sdegnata e rumorosa non è mai propositiva e trascura temi cardine della laicità, che scivolano in mano alla destra meloniana.
I partiti di opposizione e le maggiori testate si sono infervorati per la presa di posizione assai preoccupata dei Vescovi calabresi e del Presidente della CEI cardinale Zuppi, circa la proposta di introdurre in Costituzione il Premierato, quella tra le tre del Governo voluta da Fratelli d’Italia (l’autonomia differenziata è targata Lega e la separazione delle carriere è targata Forza Italia). Cavalcando tale preoccupazione, il mondo dell’opposizione di sinistra, cattolici compresi, era convinto di aver compiuto un passo di rilievo per mettere la destra alle corde. Evidentemente non vedeva repliche possibili, anche perché prigioniero dello schema per cui la destra sarebbe clericale per natura.
Si trattava di una previsione errata, come al solito. Infatti, nel corso della trasmissione tv Dritto e Rovescio (Rete 4), il Presidente del Consiglio ha espresso un concetto spiazzante salvo che per i laici. Ha detto “non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma del premierato non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma mi consenta anche di dire, con tutto il rispetto, che non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare”. Al che, il mondo dell’opposizione di sinistra, partiti e testate, è ammutolito, tentando al più una difesa di ufficio (incredulo il giornalista Barenghi ha scritto “Meloni è impazzita, oppure ha bevuto, oppure è diventata antifascista a sua insaputa?“).
Sta di fatto che, a parte la riprova di come, se si vuole sostituire il governo, sia urgente oltre la protesta costruire un progetto politico, quanto accaduto è un campanello d’allarme per il mondo laico. Certo non perché è finalmente venuto a galla il tema della separazione Stato Chiesa, quanto perché, nell’inerzia laica, lo ha fatto emergere il realismo di una persona della tradizione repubblichina la quale ha preso atto del senso delle cose.
Il tema della separazione Stato Chiesa è il cuore dell’istituzione civile imperniata sul cittadino individuo. Quindi i laici dovrebbero sempre impegnarsi per mantenerlo sulla scena politica impedendo il nasconderlo quale vergogna. Non lo fanno. Inoltre giornalisti di livello come Cazzullo oppure Ciriaco definiscono ancora le parole di Meloni un attacco al capo dei Vescovi (senza dire che sono un richiamo al separatismo). In più nessuno ha ancora obiettato sulla replica indispettita del cardinale Zuppi che ha accentuato il taglio politico. “Gli equilibri istituzionali vanno toccati sempre con molta attenzione e affrontati con lo spirito della Costituzione, come qualcosa di non contingente, che non sia di parte”. Però la Costituzione stabilisce che Stato e Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Dunque la Chiesa non dovrebbe entrare nel dibattito politico. Invece la Chiesa in un documento ha anche criticato il progetto sull’autonomia, dicendosi “preoccupata di qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie”. Tutte valutazioni politico istituzionali cui la Chiesa dovrebbe restare estranea. E che l’opposizione di sinistra loda contenta della consonanza.
Il mondo laico assiste in silenzio. Pare non rendersi conto che la separazione Stato Chiesa richiede un costante lavoro coerente con i principi e disancorato dalle pratiche emotive della sinistra d’origine marxista fedele al sole dell’avvenire. Insomma il principio di separazione vorrebbe atti concreti ora. Tipo togliere dalla legge ordinaria del 1985 la riga con la distribuzione dell’inoptato dell’otto per mille, che è un raggiro al cittadino e un regalo alla Chiesa Cattolica. Oppure tipo togliere nell’insegnamento nella scuola statale il privilegio ai docenti cattolici. Oppure tipo togliere nel servizio sanitario pubblico il privilegio ai medici antiabortisti insito in un’organizzazione che non di rado ostacola l’interruzione di gravidanza richiesta dalla donna.
Ci vuole questo impegno per elevare il tasso di laicità dei cittadini. È il presupposto che matura quel senso critico decisivo nel conflitto e nella scelta tra le diverse proposte usando norme in aggiornamento e con un obiettivo ampio: far crescere la conoscenza, migliorare il convivere tra diversi nella libertà, fronteggiare un altro conformismo religioso, quello islamico. Se l’impegno laico non arrivasse, prevarrà l’alternativa di chi tenta strade inadatte ad una società aperta.
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