di SERGIO MORA <>
In un territorio di emblematiche contraddizioni politiche, dove ora la guerra torna a farsi sentire, abituati a conflitti spesso ridotti a pochi giorni, in terra d’Israele la musica non tace.
La celebre Israel Philarmonic Orchestra, sorta già nel 1936 da una idea del violinista Bronislaw Huberman e dalla disponibilità di Arturo Toscanini, continua a tenere concerti nelle condizioni più estreme, sotto continua minaccia di incursioni aeree.
Si tratta di uno stato di precarietà a cui l’orchestra è abituata sin dalle origini, eppure questa gloriosa istituzione, che spesse volte abbiamo ascoltato durante le trasferte europee, non desiste un solo giorno dal dare seguito alla sua programmazione: l’atto eroico di esistere e di non deflettere dalla sua missione mostra il lato civile del fare musica all’interno delle fratture umane più insanabili quali la guerra rappresenta.
Non dimentichiamoci che nella cultura ebraica, come specificato dai Salmi della Bibbia, il fare musica è connaturato con la stessa esistenza e deve rappresentare una forma di ringraziamento, un inno di gratitudine alla vita.
Diamo uno sguardo al calendario dei concerti a Tel Aviv, dove ha sede l’orchestra, per renderci conto dell’offerta culturale che viene proposta e del contenuto degli stessi concerti.
Facciamo riferimento agli eventi predisposti per il mese di maggio.
Vasily Petrenko, uno dei direttori oggi più stimati, dirige la “Turangalila Sinfonie” di Olivier Messiaen.
È una proposta emblematica e nello stesso tempo esoterica: la sinfonia di Messiaen esplora il mondo primordiale degli istinti di vita e di morte.
Possiamo scorgere in questa coraggiosa scelta programmatica un atto di convinzione politica: l’arcano impulso vitale di forza e di giustizia. Nel mito ancestrale svolto dal musicista francese il concetto indefinito di “amore” trova giustificazione nel destino oscuro di morte e redenzione, come un ciclo perenne e non procrastinabile. La musica, nella sua asettica neutralità, non segna indici di valore fra il predominio del bene o del male.
Nel concerto successivo (9,10,11 maggio) Petrenko si esibisce con la violinista svedese Ava Bahari in un programma che, accanto alla Sinfonia Haffner di Mozart, propone il concerto per violino di Strawinskij e la Quarta Sinfonia di Brahms. La “passacaglia” finale della sinfonia brahmsiana, accanto al concerto strawinskiano, disegna un clima di grande concentrazione etica ed umana. Si tratta indubbiamente di una dimostrazione di ideali classici dove il dubbio della modernità non lede lo stato “severo” del messaggio complessivo.
L’introduzione sinfonica nel nome di Mozart ne è la lampante dimostrazione.
I concerti previsti per fine maggio e inizio giugno, distribuiti fra Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme, hanno come protagonisti il direttore tedesco Eschenbach e il violinista Capucon.
Il tema del destino, attraverso i titoli di Beethoven, Schumann e Brahms determina il senso dell’intero concerto.
Il valore simbolico di questa densa programmazione mostra importanti collegamenti con la tradizione musicale europea e una attenzione non marginale all’arte violinistica.
La responsabilità dell’uomo, al centro della Storia, è una delle missioni che l’orchestra israeliana deve affrontare con l’ausilio della vastità del suo repertorio.
Questi significativi accostamenti di titoli e di brani musicali sembrano alludere ad un senso etico di riflessione, come se la musica debba soffermarsi su questo inevitabile dilemma: potrà la pace avere un suo canto che non sia un canto di “sfida” ma una forma autentica di comprensione?
Una nazione e un popolo, che mostrano la propria eredità e discendenza dai concetti di tolleranza e civiltà che sempre li hanno contraddistinti, non possono esimersi dall’essere coerenti con questi ineludibili presupposti.
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