di ANDREA CATTANIA <>
Qualcuno ha scritto che Adam Vaccaro “usa la poesia come sonda della realtà” e lo ha descritto come un “poeta dantesco che guarda il mondo senza i veli della finzione”. Da quasi mezzo secolo i suoi versi ci aiutano a cogliere i nodi irrisolti del vivere in un’era ultratecnologica, a districarci nella ricerca di risposte alle domande spaesanti del passaggio di millennio, a innalzare un baluardo contro la barbarie. Si può ancora scrivere poesia? si chiede Massimo Pamio in apertura della prefazione alla sua ultima raccolta, Google – Il nome di Dio. In quattro quarti di cuore, che comprende anche numerose poesie composte in tempo di pandemia.
Nato in Molise, ma residente a Milano da oltre cinquant’anni, Adam Vaccaro è noto anche per avere realizzato diverse pubblicazioni d’arte e concerti di musica e poesia, oltre che come autore di saggi critici e fondatore dell’Associazione Culturale Milanocosa.
Da Google – Il nome di Dio sono tratti i versi che seguono.
Alexa
Alexa, piccola madonnina sul comodino
raggino che muto ascolta e registra attento
i tuoi comandi anche quando sono solo
battiti del tuo cuore appeso a quindici ore
di corse ininterrotte e comandate da
una voce che non puoi vedere né sentire
tra luci e frastuoni – mantello di una
madonna-universo di miliardi di stelle
stelline madonnine sul comodino.
°°°°°°
Google – Il nome di Dio
Venite a me, fanciulli, datemi le
vostre parole, i vostri segreti
i vostri cuori ché io li custodirò
in un luogo sicuro e sconosciuto
che nemmeno voi raggiungerete
mai. Ma credete in me, solo in me,
siete al sicuro nel luogo più puro
intangibile e irraggiungibile. E
chiudete gli occhi ora, abban
donate le ansie come una scia
che segue dispersa la mia nave
del vostro futuro, neve bianca
disciolta nel blu e dormite
potete ora dormire tranquilli
°°°°°°
Chiara luce
A Chiara, nuovo bocciolo
Chiara luce che acceca
questo mattino e ne fa
una briciola d’immenso
Chiara voce che annuncia
l’attimo che segue e annega
brillando nel precedente
Chiara pace di gioia che
vince sul pianto e ne fa
lince che insegue persa
In un attimo d’infinito
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