di GRAZIA ALOI <>
Nel mio intento, questo scritto vorrebbe essere un incoraggiamento per tutte le Donne che, in quanto “innamorate”, non possono credere al diritto del rispetto verso loro stesse.
Già nel lontano 2006 trattai l’argomento in una conferenza dal titolo “Le Melusine tradite, ovvero l’arte della psicoanalisi” intendendo, allora, come l’amore condizionato possa essere ugualmente vissuto nella complicità della condivisione e di come la psicoanalisi, appunto, si sia fatta carico del tradimento da parte del maschio immaturo.
Ma per capire quanto si leggerà, occorre fare un breve accenno alla storia di Melusine e al suo significato, significato che si tramanda di epoca in epoca, a partire dalla notte dei tempi.
Io qui mi riferisco al personaggio letterario opera della penna dello scrittore francese Jean d’Arras che negli anni intorno al 1390 scrisse L’Histoire de Lusignan.
Ad ogni modo, le Melusine sono davvero tante, le ritroviamo nella letteratura, nell’arte, nella storia ed anche, appunto, nella significazione psicoanalitica.
In breve (nella succitata versione di d’Arras):
la storia si svolge in Provenza, il luogo è un bosco e più precisamente una fonte presso cui si accascia un giovane cavaliere, Raimondo, avvilito e disperato fintanto che non si accorge della presenza di una bellissima ragazza, Melusine. I due si innamorano e si sposano. Lei porta in dote ricchezza e prosperità per il povero marito e lui porta il vincolo del segreto: non dovrà mai guardare sua moglie il sabato, giorno del bagno e della riservatezza di lei.
Melusine è leale nella sua promessa, salva il povero Raimondo offrendogli una vita ricca, agiata e piena di amore muliebre, nonché di pargoli; dal canto suo Raimondo per un po’ ci sta, ma abbastanza in fretta subentra il sospetto dell’onore tradito e viola il patto, perché non sa stare nell’ansia dell’ignoto e… cosa vede?
Vede la verità: la sua Melusine non è proprio una donna nel senso comune del termine, perché è più un essere fiabesco con la parte inferiore del corpo a forma di serpente. Solo di sabato, nella nudità dell’altra da Sé, verrebbe da dire, Melusine può essere la vera Sé stessa.
Melusine scopre l’infrazione del tabù e sparisce, se ne va.
Qui finisce la storia.
Molto ci sarebbe da dire sulla figura del serpente, così presente nella raffigurazione femminile (si pensi a Medusa e alla trasformazione dei suoi capelli, come atto punitivo, da parte di Atena; si pensi a Eva, tentata da un serpente…)
E molto ci sarebbe da dire nel senso del domandarsi quante donne siano in grado di far valere l’ingiustizia del tradimento del patto, appunto andandosene che – altrimenti detto – può voler dire proteggersi.
Tradire un patto è violenza.
La Melusine della leggenda evidentemente è una donna matura, sa quello che può offrire e garantire e sa quello che chiede per sé. È fedele e leale e tanto chiede. Ha una buona immagine di sé che le permette di non essere asservita alle incapacità dell’uomo, alle sue cattiverie e manie di onnipotenza.
Raimondo, il Raimondo di ogni coppia, si è domandato l’effetto della sua azione di venir meno al patto? Certo che no, a lui occorreva sapere cosa succedeva in quella stanza lì, non altro, non c’era spazio mentale per pensare all’Altro.
Nota:
Verrebbe da chiedersi quanto il segreto di Melusine gravi sulla coppia, ma non è questo il punto, non in questo scritto almeno, perché ammesso pure che Melusine tradisca il marito con il suo segreto e che si voglia tirar per i capelli che il suo bagno del sabato si possa paragonare al godimento esterno alla coppia, si dovrebbe aprire un ventaglio enorme di tutti i tradimenti sublimati per farli rimanere nell’innocuità rispetto all’esistenza della coppia stessa.
Anche chiedersi perché Raimondo sia incapace di tollerare la frustrazione dell’ignoto non è compito di questo scritto. Basti sapere, e si sa, che pure Raimondo, il Raimondo in relazione, ha la sua storia psichica che lo determina. Chiusa la nota.
Ad ogni modo e un po’ in risposta alla nota, chiunque ami un’altra Persona ha diritto alla sua personalissima stanza dei segreti, purché si renda esplicito il patto del segreto e purché il segreto non renda nocumento alla coppia stessa.
E comunque ogni donna ha diritto di non essere tradita, ovvero offesa nella parte più delicata e fragile di sé.
Ritorniamo al punto principale: le Melusine innamorate.
O meglio ancora, “innamorate”.
Melusine se tradita deve essere in grado di andar via e solo la posizione di “innamorata” può trattenerla nella situazione.
“Innamorata” tra le altre posizioni di immaturità nella capacità di discernimento di ciò che vada bene per il rispetto di sé.
Quando si è innamorati, si sa, si è nella percezione dell’Altro come rispecchiamento narcisistico di Sé, si pensa che sia il caso di abbandonare i legami precedenti (ad esempio con i genitori, con una storia passata, con una delusione…) e si va verso l’ignoto di una esperienza essenzialmente di tipo erotico-sessuale.
Ma chi è la Melusine (la donna) “innamorata”?
È una donna che non ha potuto fare, concretamente all’interno della coppia e intimamente nella percezione di sé, la distinzione tra Io-e-non-Io, ossia l’Altro-da-me.
È una distinzione molto importante e ha radici lontane nella costruzione del Sé: ha a che fare con la scelta d’amore tra libido narcisistica e libido d’oggetto, Narcisismo Primario e Narcisismo Secondario (si veda Freud, 1914, Introduzione al Narcisismo).
La dipendenza dall’oggetto d’amore (anaclitico, ossia d’appoggio) è molto struggente e nostalgica e si ritrova nella perpetua ricerca, mai la stessa, dell’oggetto perduto: la madre.
(Non si confonda l’amore perduto per il primo oggetto d’amore – la madre – con l’amore edipico della bambina per il padre: sono momenti evolutivi (fasi) differenti e distanziate nel tempo).
Dunque, la situazione di donna incapace di fare la distinzione tra Sé e l’Altro da Sé ha ripercussioni molto importanti nella relazione con il partner. Se si è “innamorate” dell’altro al punto da non riuscire a farsi rispettare vuol dire che si è così tanto invischiate nel rispecchiamento narcisistico da pensare che sia impossibile che lui, proprio lui così tanto scelto, possa fare tanto: è come se avvenisse una sorta di scissione tra la percezione di realtà e la percezione psichica di assoluto rifiuto del reale.
Il dato di realtà non ha possibilità di fare il suo lavoro di comprensione e di risposta; il pericolo non è avvertito perché lui, il famoso Raimondo, non è percepito come pericoloso e cattivo proprio con la sua Melusine…. No, non è possibile….
E si sopporta.
Se si fosse innamorate nel giusto modo, si sarebbe in una posizione evolutiva rispetto al posizionamento della libido oggettuale: prevarrebbe la pulsione di vita (e non quella di morte, si veda Freud, 1920, Al di là del principio di piacere).
Pulsione di vita che pone anche la questione del desiderio. (desiderio deriva da de-sidera, ovvero mancanza di stelle).
Per Freud, il desiderio è un moto psichico (si veda Freud,1899, L’interpretazione dei Sogni) e consiste nella ricerca di colmare ciò che manca (le stelle, ossia il seno materno) già sperimentato come soddisfacente e gratificante.
Esso resta parte pulsionale inconscia (quel “non so che” di soddisfacente così caro ai pubblicitari per farci desiderare qualcosa).
Il desiderio di trovare e ritrovare ancora le stelle fa perdere Melusine tradita e umiliata nell’ingorgo del pensiero psicotico, assurdo, di mitizzazione del Raimondo violento: impossibile pensarsi senza Raimondo, troppa assenza, troppa mancanza e, dunque, la nostra Melusine “innamorata” non può pensarsi senza di lui.
Ne va di mezzo l’Io ideale, figlio della differenziazione, con l’Ideale dell’Io, delle tensioni narcisistiche (si veda ancora Freud, 1914, Introduzione al Narcisismo).
L’Io ideale vuole che si sia conformi alle proprie aspettative e, appunto perché deriva dal narcisismo, molto facilmente scapperà fuori dai confini di un sano controllo emotivo.
Per questo è difficile pensarsi come integrità materiali e morali in diritto di rispetto piuttosto che “degne” di tradimento da parte di chi mal sopporta – o non sopporta affatto – la trasposizione di un sapere interdetto temporalmente (perché l’ignoranza minaccia l’integrità dell’Io).
Evidente il richiamo con la paura di castrazione che è vista come penalizzante: la perdita del potere.
Ma tant’è per molti uomini (si veda Freud, 1908, Il Caso del Piccolo Hans).
Mi rendo conto che la capacità di stare con l’altro è difficile e tortuosa già solamente nella sua esplicitazione descrittiva, figuriamoci nella convivenza reale.
Infatti, in alcune circostanze, tante sono le istanze intrappolate in una visione distorta e in una comprensione psicologica che, evidentemente, non è accessibile ad un pensiero differente da quello che si è in grado di sostenere.
Da qui relazioni patologiche non riconosciute come tali.
In conclusione:
sarebbe auspicabile che ogni patto fosse custodito e protetto nel rispetto di un sano rapporto d’amore.
Che ogni donna-melusine potesse fare i conti con i suoi fantasmi di mancanze e di assenze, con i suoi desiderata, con il Valore di Sé e che potesse distinguere tra innamoramento sano e “innamoramento” patologico.
E, ancor più, che sapesse andarsene, qualunque cosa significhi e comporti andarsene, compreso il distacco emotivo derivante dal superamento del dolore vivo e dalla comprensione dei fatti. E, magari, dal successivo perdono.
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