Dino Campana. “Una poesia europea musicale colorita”
di Andrea Cattania <>
All’origine dei versi e della vita di Dino Campana c’è quel “male oscuro” che gli era stato diagnosticato nell’adolescenza e che lo avrebbe sempre spinto a fuggire dalla famiglia e dal paese natio.
La sua vita irrequieta fu segnata da una relazione, quella con Sibilla Aleramo, e da episodi surreali, come lo strano smarrimento di un quaderno di testi letterari che il poeta aveva consegnato ad Ardengo Soffici. Che fu poi ritrovato molti anni dopo, nel 1971, fra le carte di quest’ultimo, dopo la sua morte. Era un testo manoscritto, intitolato Il più lungo giorno, il cui contenuto fu poi rielaborato dal Campana, per essere pubblicato con il nuovo titolo di Canti orfici.
I versi di Campana combinano suoni, colori e musica in un desiderio di distruzione, la “forza di sovvertimento” guidata dall’originalità nell’arte e nel pensiero. Il suono del vento e quello del mare si uniscono a quelli delle attività dell’uomo sullo sfondo dell’immagine di Genova e del suo porto.
Il poeta muore in ospedale, all’inizio di marzo del 1932, dopo essersi ferito con un filo spinato. Avrebbe dovuto essere dimesso dopo pochi giorni dall’ospedale psichiatrico di Villa di Castelpulci, vicino a Scandicci, dove era stato internato nel 1918. Poco meno di due anni prima aveva scritto a Bino Binazzi: “Tutto va per il meglio nel peggiore dei mondi possibili.”
Vasto, dentro un odor tenue vanito
Di catrame, vegliato da le lune
Elettriche, sul mare appena vivo
Il vasto porto si addorme.
S’alza la nube delle ciminiere
Mentre il porto in un dolce scricchiolìo
Dei cordami si addorme: e che la forza
Dorme, dorme che culla la tristezza
Inconscia de le cose che saranno
E il vasto porto oscilla dentro un ritmo
Affaticato e si sente
La nube che si forma dal vomito silente…
(Genova, da I Canti Orfici, Opere e contributi, ed. Vallecchi)
Pace non cerco, guerra non sopporto.
Tranquillo e solo vo nel mondo in sogno
Pieno di canti soffocato. Agogno
La nebbia ed il silenzio in un gran porto.
In un gran porto pien di vele lievi
Pronte a salpar per l’orizzonte azzurro
Dolci ondulando, mentre che il sussurro
Del vento passa con accordi brevi.
E quegli accordi il vento se li porta
Lontani sopra il mare sconosciuto.
Sogno. La vita è triste ed io son solo.
O quando o quando in un mattino ardente
L’anima mia si sveglierà nel sole
Nel sole eterno, libera e fremente.
(Opere. Canti orfici e altri versi e scritti sparsi, ed. TEA)