La religiosità in Italia
di ROCCARDO RENZI <>
L’umanità non ha mai subito uno così profondo cambiamento come quello avvenuto in questi ultimi due secoli, vi è stato un totale capovolgimento della rappresentazione stessa del mondo e dell’umana esistenza, la quale dal trascendente transita all’immanente, da un necessario continuo riferimento a dio e santi, passa alla totale assenza di essi nella propria vita[1]. Questa scomparsa del mondo religioso nell’individuo attraversa ogni ambito della quotidianità e della vita sociale stessa: dalla politica alla letteratura, dall’economia all’arte, dalla scienza alla morte[2]. Quella attuale può essere definita come un’epoca senza Dio, ove le statistiche su vocazioni, matrimoni e praticanti sono del tutto crollate[3]. Ma perché oggi l’uomo non ha più bisogno di Dio? Basta ora a sé stesso, oppure la scienza ha risposto a tutti i suoi interrogativi? La realtà è ben diversa, il Cattolicesimo è scomparso solo in apparenza e vi spiego il perché. Nel Bel Paese, la permanenza di una presenza religiosa, nella sua variante cattolica, non cessa di incrinare l’immagine di una società definitivamente secolarizzata nelle istituzioni e nei comportamenti dei singoli individui[4]. L’universo delle credenze e rappresentazioni religiose, anche relative al folklore e a datate tradizioni, è quasi del tutto scomparso dalla vita pubblica, ma persiste nel privato e nella coscienza individuale del singolo. Da questo substrato individualistico, tale universo riemerge pomposo in occasioni delle feste liturgiche annuali, delle ricorrenze, di feste paesane e di eventi fondamentali nella vita dell’individuo (nascita, matrimonio e morte)[5]. Alla luce di ciò, come si può affermare che in Italia la religiosità sia scomparsa? Andiamo poi ad aggiungere a ciò che spesso alcune feste religiose sono state amplificate dal mondo capitalistico, che le ha sfruttate per incentivare il consumismo. A tal proposito ci viene in soccorso un articolo di Pier Paolo Pasolini pubblicato il 4 gennaio 1969[6] all’interno della rubrica Caos in il Tempo. Utilizzando un termine sportivo, quelli dello Scrittore in questo intervento sono dei commenti “a caldo”, poiché la stesura dell’articolo avvenne proprio durante il periodo natalizio. «Sono tre anni che faccio in modo di non essere in Italia per Natale. Lo faccio di proposito, con accanimento, disperato dall’idea di non riuscirci; accettando magari di oberarmi di lavoro, di rinunciare a qualsiasi forma di vacanza, di interruzione, di sollievo»[7]. Pasolini apre l’articolo ricordando la sua infanzia in piccole realtà rurali, legate al mondo contadino, le quali avevano, seppur solo idealisticamente, un legame con Gerusalemme, ma dalla fine del secondo conflitto mondiale, superata la miseria postbellica, quel mondo è stato completamente inglobato dal capitalismo. Ora è il capitalismo a dettare il senso stesso delle festività: «per il nuovo capitalismo, che si creda in Dio, nella Patria o nella Famiglia, è indifferente. Esso ha infatti creato il suo nuovo mito autonomo: il Benessere»[8]. La Chiesa è ormai totalmente asservita alla legge del Capitale e ad essa ha attinto andando a modificare e compromettere le sacre tradizioni della cristianità. La vera Chiesa prima risedeva in quel mondo preindustriale e contadino, fatto di miseria e tradizioni. In quel mondo il tempo era scandito dalle stagioni e dalle festività religiose. Ora invece, come ci dice Pasolini, il Capitale ha ormai inglobato e fatto sue le festività ecclesiastiche e della Chiesa potrebbe anche fare a meno, non gli serve più. «Se essa non ci fosse, esso ne potrebbe fare a meno»[9]. Il Capitalismo ha, in poco tempo, annichilito e annientato la sacralità che risedeva nella festività stessa, andando però a generare una nuova tipologia di sacralità, quella del dono, o meglio. “regalo”. Il regalo, quello consumistico, è molto distante dal concetto di dono cristiano. Ironicamente Pasolini afferma che il Natale essendo originariamente una festa pagana ed allegra, ha bisogno del capitalismo consumistico per tornare a quella felicità ed allegria incontrollate. Come ci dice Pasolini quella del Natale paradossalmente non è più una festività religiosa, egli suggerisce infatti che la Chiesa debba distinguersi allontanando le sue festività da quelle ormai generate dal mondo capitalistico. «Ma allora, questa festa pagana ritorni pagana: la sostituzione della natura industriale a quella naturale, sia completa anche nelle feste. E la Chiesa se ne distingua»[10]. Quella che si vive sotto Natale è una psicosi bellica dell’acquisto, del consumo sfrenato e irrefrenabile. Dunque, Pasolini vuole fuggire da questa aberrazione del Natale stesso e afferma che spesso trascorre i periodi natalizi all’estero, in paese ancora non fagocitati dal male del capitalismo.
Tornando a noi, fatta questa dovuta digressione, nella società contemporanea è la visibilità stessa dell’evento a costituirne la caratteristica specifica. «La specificità della presenza in Italia della religione cattolica e della chiesa, è data proprio dalla sua visibilità, nonostante i venti del pluralismo e della secolarizzazione non abbiano affatto risparmiato il nostro paese. In altri termini, in Italia chiesa e cattolicesimo si vedono e sono massicciamente presenti nel vissuto della gente»[11]. Queste parole di Garelli sono assai esplicative, in Italia, nonostante le statistiche negative sulla pratica personale, il matrimonio, la vocazione e i sacramenti, anche se quest’ultima in minor modo, la religiosità è ancora viva e visibile, poiché è il cattolicesimo stesso ad essere radicato da secoli nella storia, nella letteratura, nell’arte e nella società italiane.
[1] C. Mozzarelli, Antico regime e modernità, Roma, Bulzoni, 2008, introduzione.
[2] M. Weber, La scienza come professione, in Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1973.
[3] H. Godin e Y. Daniel, La France pays de mission?, Paris, Editions de l’Abeille, 1943.
[4] R. Gubert e G. Pollini (a cura di), Italia ed Europa: valori a confronto, Milano, Franco Angeli, 2005, pp. 135-181.
[5] F. Garelli, La religione dello scenario. La persistenza della religione tra i lavoratori, Bologna, Il Mulino, 1986.
[6] Tempo, anno XXXI, n. 1, 4 gennaio del 1969.
[7] Tempo, anno XXXI, n. 1, 4 gennaio del 1969.
[8] Tempo, anno XXXI, n. 1, 4 gennaio del 1969.
[9] Tempo, anno XXXI, n. 1, 4 gennaio del 1969.
[10] Tempo, anno XXXI, n. 1, 4 gennaio del 1969.
[11] F. Garelli, La Chiesa in Italia, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 8-9.