Prostituzione, un fenomeno dai molteplici aspetti, da valutare con spirito laico
di RINO TRIPODI, direttore di Lucidamente 3000.<>
Le modalità della trattazione del tema
Intenzionale e ponderata è stata la scelta da un lato di non usare la parola “sesso” o “sessualità”, così come, d’altro canto, quella di non parlare di erotismo tout court, che sarebbe stato automaticamente collegato all’amore di coppia (miticamente inteso come “naturale” o “normale” dalla società attuale). Del resto, anche l’uso di termini come “trasgressivo” avrebbe fatto intendere che esistono regole “normali” e “trasgressioni” di tali “normalità”. Per un laico avrebbe significato porre dei paletti di intolleranza e di pregiudizio. La tematica affrontata interessa sempre molto e ancora forte è la reazione irrazionale da parte di molti verso tali temi (la peste emozionale di cui parlava Wilhelm Reich?). Invece, l’unica modalità per trattare il tema della prostituzione è quello aperta, problematica, pragmatica. Insomma, laica.
Chi sono le prostitute
Pertanto, partiamo dai dati ufficiali (relativi all’Italia). Secondo l’ultima indagine commissionata dalla Commissione Affari sociali della Camera, le prostitute – ma sarebbe meglio usare il termine anglosassone sex workers – operanti del nostro Paese sarebbero dalle 50.000 alle 70.000, di cui circa 25.000 immigrate. La massima concentrazione a Milano e Torino. Il 65% delle prostitute lavora in strada, il 29,1% in albergo, le rimanenti in casa. Il 94,2% delle prostitute sono donne, il 5% transessuali e lo 0,8% travestiti. Duemila sarebbero minorenni e più o meno lo stesso numero quelle ridotte in schiavitù e/o costrette a prostituirsi.
Crolla, pertanto, la leggenda volutamente divulgata da parte cattolica secondo la quale “quasi tutte le prostitute lo fanno perché costrette con violenza”. Secondo l’indagine citata, invece, sarebbero solo il 4-5% le prostitute che preferirebbero uscire da tale “mestiere”. Anche per le ricerche condotte da Parsec, Censis, università di Trento, fondazione Cesar, la percentuale di chi preferirebbe lavorare in alto ambito è molto bassa e si aggira intorno al 10%. Il perché è facile da intuire: è una professione molto redditizia, non più rischiosa di altre, meno umiliante e frustrante che fare la commessa o la badante o la operaia. Poi, in tempi di crisi economica e disoccupazione, non si può andare tanto per il sottile.
Le tipologie delle sex workers
Impossibile tracciare un quadro univoco delle prostitute operanti in Italia.
La molla: essenzialmente economica. Per nazionalità: italiane e rumene, ma anche brasiliane, cinesi, nigeriane, area ex Urss… Per età: giovani, ma anche quarantenni e oltre. Titolo di studio: dall’analfabetismo delle africane alle lauree delle russe. Prezzi: da poche decine di euro a migliaia di euro per una notte o un weekend, con una media di 50 euro a prestazione. Tipologie fisiche: bellissime e meno belle, alte e piccoline, vistose e insignificanti, raffinate e volgari. Tipologie psicologiche: sbrigative, brusche, frettolose, dolci, cordiali, umane, amichevoli, affettuose (e a volte si arriva al matrimonio col cliente). Servizi sessuali: dal coito in pochi secondi a cena e notte trascorse insieme, dall’erotismo spicciolo al sadomaso con dotazioni varie, dal rapporto genitale freddo a quello affettuoso e attento. Come viene vissuto il proprio mestiere: con vergogna, sensi di colpa, normalità, “professionalità”, ironia, giocosità, sfrontatezza.
Nel complesso, un mondo variegato, sfaccettato, inclassificabile.
Chi sono i clienti
E i clienti? Verrebbe da dire “tutti gli italiani” (anche se non troverete mai alcuno che lo ammetterà: in Italia nessuno “va a puttane”). Infatti, secondo uno studio commissionato nel 2007 dal Dipartimento Pari Opportunità, risulta che i connazionali che hanno regolari frequentazioni con prostitute, sebbene con motivazioni, cadenze e modalità diversificate, sono 9 milioni! Se escludiamo donne, bambini, anziani, asessuati e qualche altra categoria, siamo quasi al 100% dei maschi italiani.
Anche in questo caso, infinito lo spettro delle tipologie. Per classe sociale, istruzione, cultura, gusti, età, tendenze, credi ideologici e religiosi. Ci sono quelli che vanno a prostitute perché “brutti”, perché hanno in testa fantasie “ridicole”, “sconvenienti”, inaccettabili da una donna “perbene”, perché vogliono stare con più donne contemporaneamente, perché vogliono “evadere” qualche volta al mese, perché sono anziani, perché la loro moglie non piace più, perché ne hanno abbastanza di donne oppressive e soffocanti, perché sono preti, perché non vogliono “perdere” tempo, perché è più “economico”, perché desiderano il corpo di una donna giovane e bella, perché si innamorano di una prostituta. Lo stereotipo “femminista” del maschio che vuole “umiliare” una donna non esiste, se non in rari casi psicopatologici.
Davvero, di fronte alla “origine del mondo” (come chiamava la vagina nel suo dipinto Gustave Courbet), gli uomini son tutti uguali, fragili, in ginocchio.
Considerazioni generali
Diamo per scontato che in un mondo migliore non dovrebbero esistere prostitute e clienti. Tuttavia, se guardiamo in faccia alla realtà, tale ipotetico “mondo migliore”, anche per questo ambito, parrebbe assomigliare più a Utopia che a una realtà possibile, in quanto dovrebbe esistere un pianeta di esseri tutti belli, tutti perfetti, tutti sessualmente “normali”, tutti che si innamorano del partner giusto, che ricambia a sua volta allo stesso modo… E, a questo punto, siamo arrivati più a una distopia nazistoide che a un’utopia…
Più concretamente, crediamo che la prostituzione sia una fondamentale valvola di sfogo psicologica e sociale per quei clienti che avrebbero davvero grosse difficoltà a realizzare in qualche modo una propria vita sessuale (anziani, “brutti”, disabili, “fantasiosi”, “diversi”, ecc.). Se le prostitute non sono eroine, visto che sono in genere ben pagate, un qualche merito pur ce l’hanno. Permettono a molti una sessualità che, altrimenti, sarebbe loro negata.
L’imbarazzo della politica italiana
Se la prostituzione è “quella piaga che la società ha reso tale”, l’adagio si attaglia perfettamente al Belpaese bigotto e intollerante e ai suoi politici vili e meschini. Nessuno dovrebbe passare la notte per strada, magari durante un gelido inverno. Ma la maggioranza dei nostri politici si gira dall’altra parte. Innanzi tutto, il centro cattolico, teocratico e filovaticano, per il quale la prostituzione è un “problema morale”. Per la destra, dopo il modello berlusconiano, tanto tutte le donne sono a pagamento. E la sinistra? Anche lì imbarazzo, prima di tutto per non perdere i voti di una popolazione che vorrebbe addirittura aumentare le pene per i reati connessi alla droga, come se non avessimo già le prigioni intasate di poveracci! E, poi, la realtà cozza con la visione puritana “progressista” e/o fanaticamente femminista, per non parlare del “politicamente corretto”: la nostra – si sa – è una sinistra perbenista e borghese, lontana dai problemi sociali.
Così resta in vigore la legge Merlin che, nell’impianto e persino nel lessico (“meretricio”, “lenocinio”, “libertinaggio”!), resta legata un’Italia che non c’è più. Una legge che lascia ampi margini di discrezionalità, per non dire di arbitrio, a forze dell’ordine e magistrati. Ad esempio, il “reato” di “favoreggiamento della prostituzione” – che non esiste altrove –, a causa del quale, chiunque accompagni in auto una prostituta può essere sottoposto a un pesante procedimento penale. E, così, c’è scappato qualche suicidio di cliente “svergognato”.
Pragmatismo e spirito laico
Eppure, se, una volta tanto, si guardasse all’esperienza degli altri Paesi, si potrebbero regolarizzare le sex workers operanti in Italia. Come per le droghe, se le prostitute fossero disciplinate dallo Stato, si darebbe un colpo mortale alle mafie e agli sfruttatori. E si potrebbero far pagare le tasse su un giro di miliardi all’anno, con grande beneficio per l’erario. La politica del pragmatismo, della razionalità, della “riduzione del danno”, piuttosto che la ricerca di un’utopia sociale – sia essa cattolica che “progressista – resta lontana, fuori dall’orizzonte politico. Meglio l’inferno in Terra. Tutti devono soffrire. In questo come negli altri casi: l’aborto va praticato dalle donne nella vergogna, gli uomini sono costretti a consumare squallidi rapporti sessuali in auto o in sporche camerette, gli omosessuali possono essere scherniti o peggio, gli immigrati sfruttati, i malati terminali, se non hanno la possibilità di recarsi all’estero, devono urlare di dolore…
Un Paese ipocrita e vigliacco, che perseguita chi è debole. Una nazione insensibile, sotto la maschera del pietismo e della morale cattolicista.